La mia Storia

se sei in una casa bella, ti viene voglia di bello

Mattia

“Il bello è osmotico: se sei in una casa bella, ti viene voglia di bello”. E in effetti, attraversando il cortile della Fattoria della Carità, e poi l’ampio salone al piano terra e le stanze al primo piano, ci si accorge di un ordine e di una cura che sono tipiche di una casa. Questa, invece, è una comunità per minori segnalati dal Tribunale che opera in silenzio, i muri di un’ex canonica che la nascondono agli occhi di chi vive a Cortetano, frazione di Sesto ed Uniti.

Il responsabile della struttura, Mattia, racconta che si parte da qui: “La cura e il bello sono elementi essenziali della nostra convivenza: vuol dire che i ragazzi tengono pulito, riordinato, sistemato gli spazi interni ed esterni”. I risultati si vedono a occhio nudo. Parliamo di ragazzi al di sotto dei 18 anni, età complessa, piena di ribellioni e di stravolgimenti interiori. Imparare a dare un nome a quel che si ha dentro è un altro elemento di lavoro di ogni giorno. Il venerdì sera si tirano le somme. “Ci incontriamo per raccontarci come va – spiega Mattia –. Non così a caso, ma partendo da 5 dimensioni tipiche della vita: felicità, tristezza, paura, rabbia, sorpresa”. E qui c’è subito uno scoglio da superare. “Quando i ragazzi si raccontano li aiutiamo sempre a dire ‘mi sento triste’ al posto di ‘sono triste’”. Una differenza che non è solo lessicale. “E’ un’attenzione che chiediamo per insegnare loro che nessuno è solo una cosa. Nessuno è solo felice, o triste, o arrabbiato. Possiamo sentirci così, in un determinato momento”.

Ma il lavoro principale riguarda la scelta, “il diventar capaci di scegliere”, spiega Mattia. Sulla base di tre elementi: decisionalità; creatività; consapevolezza. “Sono tre dimensioni che si mescolano quando viviamo, quando facciamo qualcosa. Decidere, usare la fantasia per correggere o migliorare la propria scelta, rendersi conto di”.

Vuol dire, per Mattia e gli educatori che lavorano alla Fattoria, mettere ogni giorno i ragazzi davanti a una scelta. Apparentemente banale, in realtà con un elevato tasso di conflittualità. “Tutti i giorni qualcuno sceglie il menù; sembra una cosa da poco, in realtà scatena discussioni infinite. Poi hanno scelto con quali colori far dipingere la loro stanza, che cosa attaccare alle bacheche delle pareti”.

Scegliere significa anche “imparare a fondare il futuro sull’oggi”. Ma per farlo “è necessario  sentire come sto nel momento presente”. E mentre lo si insegna ai ragazzi, Mattia lo impara anche per sé.  Perché “hai davanti la loro stessa sfida”. 

Quando un ragazzo lascia la comunità, chi resta lo saluta con un piccolo “rito”: “Attorno all’ulivo posto in mezzo al giardino, piantiamo un paletto da cui parte un nastro azzurro che si aggancia alla pianta. È il simbolo che dice che anche lontani i nostri ragazzi restano legati al luogo che li ha cresciuti”.